Anche se il carciofo non è di pretta origine toscana (non se ne parla negli antichi testi di cucina del Trecento), è però certo che nella seconda metà del ‘400 la coltivazione di quest’ortaggio era già diffusa nella nostra terra.
I semi erano giunti dalla Campania dove, per il clima più caldo, era coltivato da tempo immemorabile con il nome greco di “Cynara” (il carciofo è però originario dell’Etiopia).
Solo più tardi prese il nome attuale dall’arabo “Kharshuf”.
Il carciofo trovò in Toscana un formidabile alleato: l’olio d’oliva! Un olio che quando è appena franto, verde e pizzichino, ne ricorda persino il sapore.
Il carciofo toscano, nelle due varietà principali, i saporiti “violetti” e le belle “mamme” empolesi, ha da tempo conquistato le nostre mense sia al naturale, in pinzimonio, che con tante ricette varie e gustose.
Ricordiamo il “Risotto coi carciofi“, la “Garmugia lucchese“, il “Tortino di carciofi“, i “Carciofi in tegame” e i “Carciofi fritti“.
Il carciofo, se consumato crudo, contiene la “cinarina” un principio attivo ad azione lievemente diuretica e digestiva.